Le nuove mappe valoriali dell’Italia
Osservatori - lunedì 6 Maggio, 2013
Il paesaggio economico e sociale attorno a noi muta repentinamente. Fatichiamo a comprendere quanto accade perché i nostri punti di riferimento tradizionali non sono più d’aiuto. Senza una mappa aggiornata delle trasformazioni culturali, e non solo di quelle economiche, non possiamo costruire il futuro dell’Italia. Come un viaggiatore che usa una carta geografica non aggiornata, fatichiamo a orientarci, a trovare le strade. Di qui, il senso di spaesamento e di scoraggiamento che spesso ci coglie. Ormai possiamo delineare la nuova mappa dello sviluppo economico, benché – paralizzati dall’indecisionismo – fatichiamo a scriverla. Sotto questo profilo, il nuovo esecutivo guidato da Enrico Letta è consapevole di avere di fronte a sé una sfida fondamentale: scrollarsi di dosso l’immagine di un Paese irretito da veti incrociati, polverizzato e (dis)articolato nelle sue molteplici istanze corporative. Un Paese in grado di darsi un collante, un’idealità che accomuni. Capace di disegnare un futuro plausibile. Tuttavia una nuova mappa economica è un fattore necessario, ma non sufficiente a costruire il nostro futuro. Manca qualcos’altro, di cui accusiamo un grave ritardo: la riflessione sui cambiamenti culturali intervenuti nella società, negli orientamenti e nelle aspettative della popolazione. Manca una mappa dei nuovi riferimenti di valore che costituiscono il vero motore del cambiamento possibile e atteso.
Come se vivessimo in un paese dissociato, che ha perso il contatto fra i rappresentanti e i suoi elettori, fra il centro e la periferia. Mentre un pezzo di classe dirigente del Paese pare non rendersi conto di quanto accade al di fuori delle proprie mura, la società sperimenta per conto proprio – bene o male – nuovi ordini di valori, nuovi percorsi. Costruendo nuove mappe valoriali in modo autonomo. Cosicché, emerge un’immagine dell’Italia distorta, dove sfuggono le premesse di tutte le politiche possibili: la condivisione di un’idea, di un insieme di valori attorno ai quali edificare la comunità nazionale.
Un esempio del ritardo di questa riflessione sulle trasformazioni culturali è stata evidenziata nella precedente puntata dell’Indagine LaST, dove era emerso come una parte consistente della popolazione non si riconoscesse più nelle tradizionali categorie politiche del ‘900, ma fosse alla ricerca di nuovi criteri interpretativi. In questa seconda occasione affrontiamo gli orizzonti di valore che gli italiani vorrebbero nel futuro dell’Italia: una sorta di mappa politico-valoriale per comprendere le aspettative sul paese che si vorrebbe.
Il quadro che emerge ben rappresenta la complessità e, per certi versi, alcuni paradossi. Manifestiamo un’idealità del futuro del Paese che affonda le radici nella nostra tradizione e con un buon grado di condivisione. Ma pare mancarci un collante istituzionale in grado di contenerla, dove le culture politiche e valoriali paiono deboli e scarsamente in grado di riconnetterle in un disegno unitario. D’altro canto, veniamo da oltre due decenni di scontro – e non di confronto – fra fronti politici diversi. Anni di contrapposizioni più spesso simili al tifo da stadio, in cui le istituzioni non hanno dato buona mostra di sé, né hanno avuto la capacità di sviluppare una riflessione sulle trasformazioni. Come se il tempo si fosse fermato alla fine del secolo scorso, mentre il mondo tutt’attorno ha corso a velocità elevata. Così, per un verso, vorremmo un’Italia con un’atmosfera sociale accogliente e aperta, con un’identità locale e internazionale allo stesso tempo, che trova nelle comunità territoriali la sua radice. D’altro verso, la crisi sembra avere intaccato più i comportamenti quotidiani (calo dei consumi) che il sistema dei valori cui essi s’ispirano. Sono presenti orientamenti ancorati all’individualismo e al consumismo, una sorta di narcisismo strisciante, piuttosto che quelli ispirati alla sobrietà e alla meritocrazia. È vivo un atteggiamento de-istituzionalizzato nei confronti della politica, dove si auspica la presenza di uno stato meno invasivo e una partecipazione politica meno mediata dai partiti. Nello stesso tempo, però, si palesa l’idea di una politica lungimirante incardinata in una visione europeista del nostro Paese.
Un breve sondaggio non può dar certo conto delle profonde trasformazioni culturali che attraversano il nostro Paese. Ciò non di meno, racconta della necessità di aggiornare le nostre mappe culturali per leggere più correttamente l’Italia. Soprattutto, per dare un orizzonte ideale comune e più condiviso al nostro futuro.