#Lastitaly. Individualisti e familisti: gli italiani oggi


Osservatori - lunedì 27 Giugno, 2016

Italia, popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori e trasmigratori: queste qualità – enunciate da Mussolini all’epoca delle conquiste coloniali – sono rimaste nella rappresentazione sociale, oltre che impresse nel marmo del Palazzo della Civiltà italiana all’EUR. Altri, prima e dopo di lui, hanno messo in luce ulteriori aspetti, ora positivi, ora negativi che hanno provato a descrivere gli italiani. Al di là delle valutazioni che si possono dare, l’aspetto di rilievo è legato alla edificazione di un immaginario collettivo in cui potersi riconoscere e identificare. Costruire la rappresentazione di una collettività, piuttosto che di un territorio o di un prodotto assume oggi, ancor più di ieri, un aspetto qualificante. Per affermare un’idea, un progetto, per indicare una direzione da seguire, è necessario dotarsi di un orizzonte comune, di significati condivisi. È sufficiente rinviare a quanto impegno dedicano le imprese per imporre il brand dei propri prodotti per comprendere come la costruzione di un’identità sia oggi un obiettivo economico strategico.

La Stampa p. 35, 27 giugno 2016

Ma è altrettanto strategico dal punto di vista politico e sociale. In una realtà complessa come la nostra, attraversata dai processi di globalizzazione e in cui i punti di riferimento hanno perso il tradizionale ancoraggio, è fondamentale offrire elementi di definizione. A maggior ragione se consideriamo la storia del nostro paese che ha raggiunto la sua unità poco più di 150 anni fa, in cui municipalismi e localismi hanno rappresentato il tratto fondativo. In cui i particolarismi sociali e il corporativismo contrassegnano ancora ampi settori della nostra società. Basti pensare a cosa accade quando si cerca di cambiare le regole – aprendo al mercato – settori dell’economia: dai farmacisti, ai taxisti, passando per gli ordini professionali, tutti pronti a salire sulle barricate pur di conservare i cosiddetti diritti acquisiti in virtù di specificità che oggi hanno sbiadito il loro significato. Come ci descriviamo, quali sono i tratti che definiscono i nostri concittadini – e dunque noi stessi – è l’oggetto del sondaggio realizzato da Community Media Research, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, per La Stampa.

In prima battuta, emerge un profilo il cui tratto prevalente che ci accomuna mette l’accento sulla dimensione individualistica e familiare. Prevale il particulare, la chiusura alla sfera personale e degli interessi specifici. Come se facessimo fatica a guardare oltre il nostro perimetro visuale. Non riuscendo a identificare una progettualità più ampia o quello che potremmo definire un “bene comune” che oltrepassi i nostri mondi vitali. Nella rilevazione lo diciamo degli altri, ma non è errato pensare si tratti di una proiezione di quanto viviamo soggettivamente. Questi esiti tendono a confermare lo stereotipo che caratterizza l’immagine media degli italiani e solo paradossalmente cozza contro i gesti concreti di apertura e gli slanci di solidarietà che, invece, osserviamo quando accadono avvenimenti particolari, come nel caso dei migranti, piuttosto che dei disastri climatici o del volontariato. Che ci sono, diffusi e partecipati, frutto di un capitale sociale e valoriale fondamentale per la tenuta del nostro paese. E che paradossalmente ci meraviglia possano esserci, quando invece dovrebbero essere la normalità. La questione è che tali gesti non s’inseriscono (ancora) all’interno di progettualità condivise e sistematiche, perché si fondano sullo slancio individuale, di piccole comunità organizzate sui territori o nei mondi associativi. In fondo, è il frutto del fai-da-te, dei micro-progetti che si costruiscono – in attesa di un disegno più ampio, di cui in fondo non si crede arriverà mai nel breve termine – per affrontare i problemi che emergono di volta in volta. Dunque, proprio per questi motivi, ci rappresentiamo individualisti (32,4%), attenti solo agli interessi familiari (25,2%), ma anche lavoratori (22,0%), capaci di fare e di impegno.

C’è però un secondo elemento che emerge con evidenza: la diversità di percezione su scala territoriale. La dimensione particolaristica e familistica conosce un’accentuazione via via che scendiamo dal Nord al Sud del Paese, dove non manca anche un riconoscimento al fatto che lì sia maggiore la propensione a ricercare vantaggi per sé, ricorrendo a favoritismi anche in modo non legale. Così, non solo disponiamo di un immaginario collettivo poco collettivo e molto familistico-comunitario, ma una volta di più troviamo una diversificazione all’interno del paese che rende ancor più complicato identificare una rappresentazione accomunante. Sommando le caratteristiche assegnate sulla base dell’importanza, possiamo rilevare come prevalga una rappresentazione negativa verso i propri concittadini: poco più della metà (52,7%) attribuisce solo aspetti sfavorevoli, in particolare fra i residenti nel Mezzogiorno (72,8%). A questi si contrappongono quanti mettono in luce non solo aspetti negativi, ma pure positivi (32,4%) e chi vede esclusivamente tratti positivi (14,9%), in particolare fra quanti vivono nel Nord del paese.

Dunque, rimarremo ineluttabilmente familisti e particolaristi? Le latenze culturali non si possono eliminare con tratto di penna, ma richiedono un tempo lungo. Soprattutto, progettualità e politiche che abbiano una coerenza e visione di lungo periodo. Dotate di un’idea e di valori che siano condivisi e che valorizzino – senza timori – le diversità e le peculiarità di un paese composito come l’Italia. Nella consapevolezza che solo in una progettualità comune esiste uno spazio per il bene individuale e familiare.

Daniele Marini

Nota metodologica

Community Media Research, in collaborazione con Intesa Sanpaolo per La Stampa, realizza l’Indagine LaST (Laboratorio sulla Società e il Territorio) che si è svolta a livello nazionale dal 22 marzo al 4 aprile 2016 su un campione rappresentativo della popolazione residente in Italia, con età superiore ai 18 anni. Gli aspetti metodologici e la rilevazione sono stati curati dalla società Quantitas. I rispondenti totali sono stati 1.997 (su 13.287 contatti). L’analisi dei dati è stata riproporzionata sulla base del genere, del territorio, delle classi d’età, della condizione professionale e del titolo di studio. Il margine di errore è pari a +/-2,2%. La rilevazione è avvenuta con una visual survey attraverso i principali social network e con un campione casuale raggiungibile con i sistemi CAWI e CATI. Documento completo su www.agcom.it e www.communitymediaresearch.it.