#LaSTItaly. Creatività e bellezza sinonimo di Made in Italy per i nordestini


Sondaggi - domenica 13 Novembre, 2016

Il “Made in Italy” rappresenta una cifra fondamentale per la nostra economia. È il nostro biglietto da visita che fa riconoscere e apprezzare i prodotti italiani e del Nordest nel mondo. Negli anni del boom economico, il cinema è stato un volano fondamentale per affermare quello che oggi definiamo un brand, un marchio che racchiude elementi materiali e immateriali: la qualità e lo stile di vita, assieme ad alcuni prodotti dell’epoca. Ma è negli anni recenti che gli studi economici hanno dato maggiore (e corretta) enfasi al valore dei settori che più di altri contrassegnano il Made in Italy. Sono le imprese delle “4A”: abbigliamento, arredamento, automotive e alimentare, di cui è ricco il Nordest. Su circa 5 mila beni commerciati nel mondo, l’Italia detiene la leadership su circa mille, seconda sola alla Germania. È grazie alla capacità di esportare queste produzioni che l’economia nordestina ha potuto limitare i danni di una recessione lunga e non ancora del tutto conclusa, a causa di una domanda interna che stenta a riprendersi. La qualità che distingue i nostri prodotti è ammirata e ricercata dalle schiere di ceti medi che stanno crescendo nei paesi di recente sviluppo, così come nelle altre nazioni. A ben vedere, quello che comunemente definiamo Made in Italy ha già riassunto in sé i fattori che – all’interno dei processi di globalizzazione – sono oggi le dimensioni trainanti per affermarsi nella competizione internazionale: produzioni tailor made, a misura del cliente, personalizzate; flessibilità; qualità dei materiali utilizzati; design, estetica, cultura; professionalità.

foto mod

Quotidiani Finegil, 13 novembre 2016

il Piccolo, 13 novembre 2016

Messaggero Veneto, 13 novembre 2016

Trentino, 15 novembre 2016

Alto Adige, 15 novembre 2016

Dunque, il Made in Italy, con le sue caratteristiche, incrocia positivamente le richieste di un mercato affluente e in aumento su scala globale. Non è un caso se assistiamo al fenomeno dell’italian sounding, ovvero di imprese straniere che utilizzano richiami ai prodotti italiani per conquistare fette di mercato, sottraendole proditoriamente a quelle titolate. Così come non è accidentale se il governo Renzi nel 2015 ha avviato un piano per la promozione straordinaria del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti in Italia. Perché per affermarsi in un mercato sempre più affollato, è necessario distinguersi. E ciò che permette di farsi riconoscere sono gli aspetti immateriali, le dimensioni evocative: ciò che comunica un’identità, dei valori, uno stile. La ricerca (Community Media Research) ha sondato in che misura i tratti tipici del Made in Italy siano avvertiti dalla popolazione, quali e quanto contribuiscano a definirlo. E, quindi, a delinearci. Rispetto all’elenco di dimensioni proposte, due sono quelle che su tutte polarizzano, nell’immaginario collettivo, il nostro “Made in”: la “creatività” (83,9%) e la “estetica, bellezza” (79,9%). Da un lato, l’inventiva, la capacità di individuare soluzioni nuove, l’abilità nel sapersi districare costituiscono i tratti principali non solo per il mondo della produzione, ma si possono allargare al modo di agire quotidiano di larga parte della popolazione. Dall’altro lato, il gusto, l’attenzione al bello, agli aspetti esteriori sono gli ingredienti che sono cresciuti nella nostra attenzione nei decenni recenti (anche se non ancora totalmente diffusi) e che si manifestano non solo negli stili di vita, ma pure nella gestione delle città. Più distaccati nella classifica, benché largamente condivisi, sono altri due forme: l’idea di “qualità” (62,2%, soprattutto in Friuli Venezia Giulia: 66,7%; e in Veneto: 63,0%) e la “passione” (50,6%). Se la prima dimensione evoca e si riallaccia alle precedenti dell’estetica e della bellezza, evidenziando come nel nostro paese vi sia un’attenzione alla qualità della vita che non ha molti eguali altrove; la seconda rinvia alle nostre tradizioni, alla cura e alla passione nel lavoro. Diversa, invece, è la visione che la popolazione ha di altri aspetti che nel discorso pubblico si attribuiscono generalmente al Made in Italy. La “cultura” (42,4%, ma nel Friuli Venezia Giulia tocca il 68,4%) e il “vivere bene” (40,1%, ma in Trentino Alto Adige raggiunge il 54,5%) mediamente non superano la soglia del 50% dei consensi. Per un verso, possiamo identificare una valutazione di insufficiente attenzione al patrimonio di conoscenze; per altro verso, è probabile vi sia una ricaduta del clima di difficoltà economica e di incertezza che pervade il nostro paese da diverso tempo. Ma sono le ultime due dimensioni della classifica a dover far riflettere maggiormente: la “innovazione” (20,4%) e la “tecnologia” (14,6%) non sono percepite come elementi tipici del nostro DNA, in particolare in Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Non sono cioè riconosciuti all’interno del perimetro del Made in Italy e, per riverbero, anche del nostro territorio dal punto di vista produttivo. Sommando i diversi tratti proposti al fine di determinare l’esistenza nella percezione della popolazione di un Made in Italy, scaturiscono tre gruppi. Il prevalente è quello dei “Made In-certi” (50,9%), ovvero chi ritiene che solo una parte delle dimensioni proposte aiuti a prefigurare dei tratti distintivi. Fra questi annoveriamo in particolare i maschi, gli imprenditori e i dirigenti, i trentini e gli alto atesini. Il secondo gruppo è dei sostenitori del “Made in Italy” (40,9%), i quali vi attribuiscono la parte maggioritaria fra quelli elencati. In questo gruppo prevalgono la componente femminile e le generazioni più giovani, gli studenti e chi risiede in Friuli Venezia Giulia. Marginale è, infine, la quota dei più critici, chi ritiene non esista un vero e proprio Made in Italy (8,2%).

Alla fine, emerge una volta di più una sorta di dissonanza fra la realtà e la percezione, fra il “Made in Italy” fatto di prodotti che viaggiano sui mercati internazionali e il “Made in” che ci definisce: è il brand del nostro territorio, un biglietto da visita in chiaroscuro. È la nostra identità ancora da completare nella sua costruzione.

Daniele Marini

Nota metodologica

Community Media Research ha realizzato l’Indagine che si è svolta a livello nazionale dal 22 marzo al 4 aprile 2016 su un campione rappresentativo della popolazione residente in Italia, con età superiore ai 18 anni. Gli aspetti metodologici e la rilevazione sono stati curati dalla società Quantitas. I rispondenti totali sono stati 1.997 (su 13.287 contatti). L’analisi dei dati è stata riproporzionata sulla base del genere, del territorio, delle classi d’età, della condizione professionale e del titolo di studio. Il margine di errore è pari a +/-2,2%. La rilevazione è avvenuta con una visual survey attraverso i principali social network e con un campione casuale raggiungibile con i sistemi CAWI e CATI. Documento completo su www.agcom.it e www.communitymediaresearch.it.