#lastart: le condizioni economiche a Nord Est
Sondaggi - domenica 3 Gennaio, 2016
L’economia del Nordest è tornata a macinare risultati positivi. Non è certamente la vecchia “locomotiva”, perché non tutti i vagoni del treno sono attaccati. Tuttavia, diversi dati recenti – seppur timidamente – testimoniano un’inversione di tendenza in corso: la fiducia dei consumatori e delle imprese, il mercato del lavoro, i distretti industriali e l’export. Insomma, dopo anni di numeri con segni negativi, quelli positivi si affacciano da più versanti. Esiti tutti da rinforzare, ancora deboli e non omogeneamente diffusi, ma che incoraggiano nella strada intrapresa, tutta da consolidare. Ma se l’economia ha ripreso a camminare, facciamo fatica a scrollarci di dosso la sindrome dello “zero-virgola”. È questa l’impronta della fase attuale: la lentezza con cui ci stiamo risollevando. Sia chiaro, siamo in buona compagnia col resto del paese e dell’Europa. Anzi, il Nordest manifesta esiti più positivi. Ma rispetto alle economie europee i nostri problemi hanno un’origine che affonda più in là nel tempo, senza che alcuno sia stato capace di predisporre la cura necessaria. Così, oggi accelerare è più complicato, richiede uno slancio più prolungato: la rincorsa è, e sarà, lunga.
Giornale di Vicenza, 30 dicembre
Messaggero Veneto, 31 dicembre 2015
Quotidiani Finegil, 3 gennaio 2016
Corriere delle Alpi, 3 gennaio 2016
Testimonia bene questa situazione anche la ricerca sulle condizioni economiche dei nordestini (Community Media Research). La maggioranza fra gli interpellati (48,7%) ritiene che la situazione economica della propria famiglia sia peggiorata negli ultimi 5 anni. Ed è un esito analogo a quanto rilevato nel 2013 (48,7%). Così pure avviene per quel terzo (36,2%) che ha mantenuto una situazione invariata (era il 38,7% nel 2013) e il 15,1% che ha conosciuto, invece, un miglioramento (12,7% nel 2013). Analizzando le singole regioni, è possibile osservare alcune variazioni di rilievo. Se in Trentino Alto Adige, assai più che altrove, la percezione della popolazione è di un ulteriore peggioramento delle proprie condizioni economiche, passando dal 41,7% (2013) al 72,4% (2015); viceversa, in Friuli Venezia Giulia la dinamica nel biennio appare leggermente migliorare, giacché diminuiscono quelli che hanno subito un peggioramento (da 41,7% a 30,8%) e aumentano quanti non hanno conosciuto variazioni (da 41,6% a 66,6%). In Veneto non si registrano sostanziali scostamenti fra quanti hanno visto peggiorare la propria situazione economica (50,6%, era il 48,9% nel 2013), piuttosto diminuiscono coloro che sono rimasti invariati nel biennio (da 37,4% a 31,9%) a favore di chi sperimenta una situazione di miglioramento (da 13,8% a 17,5%). Dunque, il Veneto appare più dinamico rispetto alle due regioni contermini. È ovviamente presto per osservare le ricadute economiche sulle famiglie del nuovo corso da poco avviato, ciò non di meno questo risultato induce a due prime valutazioni ambivalenti. La prima è che l’effetto di downsizing ha coinvolto una larga platea di nordestini, polarizzando da un lato quanti hanno subito un declassamento (48,7%) e, dall’altro, chi ha mantenuto inalterato o migliorato la propria condizione (51,3%). La seconda considerazione è che negli anni la situazione è rimasta sostanzialmente bloccata. Spostando l’attenzione sul versante delle risorse disponibili in famiglia, l’analisi è analoga alla precedente. Il 62,0% dei nordestini ritiene il reddito familiare disponibile sufficiente a coprire le spese del mese (era il 63,4% nel 2013), mentre per poco meno di un terzo (30,0%) non lo è (35,3% nel 2013). In questo caso, è il Friuli Venezia Giulia a manifestare un miglioramento, passando dal 54,5% (2013) all’83,3% (2015), seguito dagli abitanti del Trentino Alto Adige (77,4%, era il 71,4% nel 2013), mentre in Veneto le capacità reddituali non conoscono variazioni sostanziali (61,0%, era il 63,6% nel 2013).
Sommando la valutazione sulla situazione economica a quella sul reddito mensile otteniamo un indicatore di sintesi che fotografa la condizione dei nordestini. Il gruppo più numeroso è costituito dalle “formiche” (54,1%) in leggera crescita rispetto al 2013 (41,7%) ovvero da quanti hanno mantenuto la propria condizione e il reddito è sufficiente a coprire le spese mensili. È la quota di ceto medio che ha visto contrarsi il proprio potere d’acquisto, attuando un comportamento ispirato alla sobrietà e alla selettività nei comportamenti d’acquisto. Qui si colloca maggiormente la componente femminile, i più giovani (meno di 24 anni) e i più adulti (oltre 55 anni), i pensionati e gli studenti, la popolazione del Friuli Venezia Giulia e del Trentino Alto Adige. Il secondo gruppo è costituito dai “deprivati” (23,5%), una quota analoga rispetto al 2013 (23,1%). Sono famiglie che registrano un peggioramento della condizione economica e il reddito mensile è insufficiente a sostenere le spese correnti. È interessata soprattutto la quota maschile, la fascia d’età centrale (45-54 anni), gli attivi sul lavoro e le casalinghe, chi ha un basso titolo di studio, i veneti. Più contenuti, e dal peso analogo, sono gli altri due gruppi: i “benestanti” (13,1%, erano il 12,9% nel 2013) e gli “erosi (9,3%, erano il 12,2% nel 2013). I primi sono quanti, a dispetto della crisi, hanno accresciuto la loro condizione economica negli ultimi 5 anni e il reddito mensile è più che sufficiente per le spese necessarie. All’interno di questo gruppo incontriamo le fasce d’età più giovani (25-44 anni), dirigenti, tecnici e lavoratori manuali, chi ha una laurea e vive in Trentino Alto Adige e in Veneto. I secondi comprendono chi ha una condizione economica analoga o migliore del passato, tuttavia il reddito non copre tutte le spese. In questo assieme annoveriamo i più giovani (25-44 anni), i disoccupati e chi risiede in Friuli Venezia Giulia (benché in diminuzione rispetto al 2013).
Qualche timido segnale positivo emerge. Le famiglie hanno attuato un diverso orientamento nei consumi: sobrietà e selettività sono i criteri guida assunti per far fronte alle difficoltà. Ora che il clima di fiducia ha iniziato a prendere corpo, è necessario contrastare la sindrome dello “zero-virgola” che rischia di prolungare la rincorsa verso una piena ripresa. I percorsi da seguire sono noti. Serve un locomotore in grado di trainare tutti i vagoni.
Daniele Marini