#lastart: cautela a nordest sui tempi d’uscita dalla crisi
Sondaggi - domenica 31 Gennaio, 2016
È un atteggiamento guardingo quello della popolazione del Nordest verso il futuro, nonostante sistema produttivo e mercato del lavoro diano segnali di risveglio. La sensazione è che in questa parte d’Italia, più che altrove, la cautela tenda a prevalere sui dati oggettivi che le rilevazioni ufficiali testimoniano. Infatti, diverse fonti rilevano che le imprese e il mondo del lavoro hanno ripreso a sfornare segni positivi. Gli stessi indicatori di fiducia delle aziende portano il segno più davanti. Le recenti festività natalizie, il turismo e l’avvio dei saldi hanno evidenziato esiti interessanti. A queste indicazioni, però, si contrappongono altre ancora di segno negativo. Situazioni critiche e di difficoltà emergono di continuo: crisi aziendali, licenziamenti, una disoccupazione comunque con percentuali più elevate d’un tempo. Tutto ciò fa sostenere che non siamo ancora di fronte a una risalita dell’intero sistema economico, che investe omogeneamente tutti i settori, ma è a macchia di leopardo.
Quotidiani Finegil, 31 gennaio 2016
Corriere delle Alpi, 31 gennaio 2016
Messaggero Veneto, 31 gennaio 2016
A situazioni di dinamicità, fanno da contrappeso altre di criticità. Ciò non di meno, finalmente dopo lunghi anni di decrescita e depressione, pare che la macchina dell’economia abbia ripreso a marciare. Ancora lentamente e in modo incerto. Tuttavia, come rivendica il premier Renzi e il Governo, diverse riforme sono state deliberate e sono in corso di attuazione, altre sono in cantiere. Quindi, la direzione è perseverare nell’azione riformatrice e imprimere fiducia per consolidare la ripresa. Questa sorta di manovra a tenaglia (riforme e fiducia) sconta però uno sfasamento temporale fra i dati dell’economia e la realizzazione delle riforme, da un lato; e, dall’altro, le ricadute effettive e la percezione della popolazione sui benefici ottenuti. Quanto, dunque, degli esiti positivi testimoniati dai risultati economici si riverbera sulle percezioni dei cittadini? In che misura aiutano a percepire l’uscita dal tunnel della crisi? La popolazione nordestina sembra avvertire un cambiamento di clima meno velocemente di quanto non accada realmente nel sistema produttivo (Community Media Research). Il motivo è fornito da un mix di elementi. Per un verso, i mutamenti nei comportamenti legati ai consumi, che si sono fatti più selettivi, hanno acconsentito di reggere meglio ai periodi di difficoltà economica. Per altro verso, c’è una connaturata propensione al risparmio delle famiglie. Per altro ancora, l’incertezza del quadro complessivo è ancora elevata, contenendo la propensione al rischio. Così, se ancora oggi circa due nordestini su tre (64,3%) prevedono che ci vorrà oltre 1 anno e mezzo per uscire dalla crisi, tuttavia nel 2014 a pensarla nello stesso modo era il 66,5%. Dunque, l’orizzonte temporale del termine del tunnel è rimasto sostanzialmente invariato, mentre nel resto del paese s’è ridimensionato (dal 68,2% del 2014 al 53,6%). All’opposto, quanti ritengono che la ripresa economica sia già in corso sono ancora una parte marginale (2,5%), in sostanziale stabilità con quanto rilevato nel 2014 (1,4%), mentre in Italia cresce dal 2,2% (2014) all’8,0%. Dunque, la prudenza non è mai troppa, sembra essere il motto dei nordestini.
Volendo individuare un risultato di sintesi e analizzando più approfonditamente gli esiti, otteniamo quattro profili di rispondenti rispetto all’uscita dalla crisi. I “pessimisti”, che ritengono di porre il termine delle difficoltà non prima della fine del 2017 (64,3%), costituiscono la maggioranza, in sostanziale sintonia con quanto rilevato nel 2014 (66,5%). Il pessimismo appare più diffuso fra le generazioni più giovani in ingresso sul mercato del lavoro (25-34 anni), i pensionati, gli operai e quanti vivono in Trentino Alto Adige. All’opposto, gli “ottimisti” analogamente rimane una quota stabile (9,0%, 9,1% nel 2014) e ritengono la ripresa già in corso o, al più, vedono l’uscita dal tunnel entro il termine del 2016. In questo gruppo incontriamo le generazioni più giovani (fino a 34 anni), gli imprenditori. In particolare, gli abitanti del Friuli Venezia Giulia manifestano una maggiore attesa positiva. Il terzo gruppo è rappresentato dai “cauti” (14,1%), unico a conoscere una crescita rispetto al 2014 (9,5%): attendono il termine della crisi entro 18 mesi, opinione diffusa fra i più giovani (fino a 24 anni) e le casalinghe, fra i residenti del Friuli Venezia Giulia e del Veneto. Infine, la quota di “incerti”, chi non sa dare un termine temporale alla fine della crisi, e in leggero calo nel tempo (14,9%, 12,6% nel 2014).
Accortezza e prudenza paiono connotare gli orientamenti verso il futuro da parte degli abitanti del Nordest. Quando usciremo effettivamente dal tunnel della crisi è difficile prevederlo e nessuno è in grado di prefigurarlo con esattezza. Perché l’incertezza è forse oggi una delle poche certezze di cui disponiamo. Ma in un orizzonte che muta così velocemente, a maggior ragione abbiamo necessità di fiducia, di un racconto e di un disegno del futuro del paese: da costruire con responsabilità.
Daniele Marini