#indagineLaST: per i nordestini un 2017 previsto in peggioramento


Sondaggi - martedì 27 Dicembre, 2016

L’approssimarsi della fine dell’anno, e l’aprirsi del nuovo, induce a fare bilanci, a soppesare quanto è avvenuto e prefigurare ciò che si attende. E per i nordestini il 2016, in particolare, non si è certo rivelato un anno facile. Se l’economia ha dato, in generale, segnali di tenuta e di risveglio, tuttavia non siamo ancora di fronte a una ripresa del sistema produttivo nel suo complesso. In una condizione ancora di fragilità e incertezza della crescita, dopo lunghi anni di difficoltà, si è abbattuta come un maglio la crisi delle due banche popolari venete, cui si aggiunge il corollario rappresentato da diverse BCC nordestine. Un vero e proprio tracollo le cui conseguenze sono ancora solo stimate sotto il profilo del reale impatto economico su imprese e famiglie. Senza considerare, poi, il prezzo che dovrà pagare il sistema del credito regionale a causa di fusioni e accorpamenti fra istituti. Oltre al venire meno della fiducia e della reputazione di banche che rappresentavano un punto di riferimento e un’identità per il territorio di riferimento: anch’esse tutte da ricostruire. Queste vicende nordestine s’innestano all’interno di quadro più generale dell’Italia che non gode sicuramente di salute ottima.

Difficoltà economiche e instabilità politica sono il tratto comune da diversi anni: dal 2008 abbiamo avuto 5 governi (Berlusconi, Monti, Letta, Renzi e ora Gentiloni), in media più di un esecutivo a biennio. È evidente che con un simile incedere qualsiasi attività politica e azione riformatrice subisca blocchi (subitanei) e ripartenze (lente) di continuo. La ripresa più volte evocata non arriva. Continuiamo a procedere per piccoli passi, mentre altre zone del globo corrono a velocità elevate. E in questa doppia velocità, nella sindrome dello “zero-virgola”, maturano condizioni sociali ed economiche progressivamente divergenti: aumentano i divari fra chi è in grado di affrontare le difficoltà e chi, invece, vede perdere progressivamente le proprie risorse, sospinto ai margini. In un simile contesto, diventa comprensibile che il bilancio della popolazione del Nord Est per il 2016 e soprattutto le previsioni per il 2017 non siano ispirate alla positività. Anzi, rispetto alla media nazionale gli orientamenti verso il futuro appaiono più negativi. È questo l’esito generale che emerge dall’ultima rilevazione di Community Media Research. Facendo una valutazione su come sono andate le cose nel 2016, mediamente il 44,9% dei nordestini non ha percepito cambiamenti sostanziali. Per contro, una quota analoga (45,2%) denuncia un peggioramento, mentre solo un decimo (9,9%) ha vissuto un miglioramento. La media nasconde alcune diversificazioni. Gli aspetti che non hanno avuto scostamenti particolari sono la lotta all’evasione (57,5%), il reddito percepito (53,1%) e la sicurezza personale (50,9%). Le dimensioni che più di altre, invece, sono avvertite peggiorate rinviano alla dimensione della politica (politica italiana: 56,6%; corruzione politica: 46,7%) e dell’economia (economia italiana: 48,9%; pressione fiscale: 50,4%). Il fattore che ottiene la valutazione positiva è la credibilità internazionale dell’Italia, ritenuta migliorata dal 23,0% dei nordestini. In sintesi, la percezione della popolazione è che nel 2016 l’Italia abbia accresciuto la sua autorevolezza nelle relazioni con partner esteri, sia rimasta perlopiù stabile nel reddito individuale e nella sicurezza, ma sia peggiorata la situazione economica e soprattutto politica. Cosa ci riserverà il 2017, come andranno le cose il prossimo anno? In generale, emerge una visione pragmatica (o rassegnata?). Quanti attendono un miglioramento non si discostano dalla valutazione sul 2016. Poco meno di un decimo (8,5%) auspica vi sarà un cambiamento positivo, in particolare per quello che riguarda la pressione fiscale (13,1%), la nostra credibilità sul piano internazionale (10,8%) e l’economia nazionale (10,4%). Aumentano, invece, quanti ritengono che le condizioni generali rimarranno tutto sommato stabili (49,5%), soprattutto per ciò che riguarda la sicurezza personale (58,7%) e il proprio reddito (57,4%). I due quinti dei nordestini (42,1%), però, prefigurano un ulteriore peggioramento, specialmente sul versante della politica italiana (51,8%), della pressione fiscale (47,7%) e dell’economia (45,5%). Si potrebbe sostenere che per il futuro prossimo la maggior parte della popolazione del Nord Est intraveda (e auspichi) scenari “non peggiorativi”, considerato che le condizioni generali (politiche, fiscali ed economiche) sono percepite ancora fortemente critiche. Unendo le opinioni espresse sul bilancio del 2016 con quelle delle previsioni per il 2017 è possibile individuare la mobilità di opinione degli intervistati fra un anno e l’altro. In questo modo otteniamo tre gruppi. Il primo, e più rilevante quantitativamente, è dei nordestini che intravede una recrudescenza ulteriore delle condizioni, un “degradamento”. Si tratta di una quota cospicua (49,1%) e ben più elevata rispetto alla media nazionale (40,0%), annidata soprattutto in Veneto (54,3%), nei ceti medio-bassi (44,2%, lavoratori manuali, pensionati) e bassi (61,6%, operai, disoccupati). Il secondo gruppo somma una quantità analoga (47,3%): non muta la propria valutazione e sottolinea come il nostro paese resti ancorato alla sindrome dello “zero-virgola”, alla “stabilità”. L’Italia è considerata vischiosa. Ed è interessante osservare come siano soprattutto gli abitanti del Trentino Alto Adige (52,6%), del Friuli Venezia Giulia (50,0%), il ceto medio-alto (68,4%, liberi professionisti e dirigenti) a rimarcare maggiormente quest’orientamento. Il terzo gruppo, costituito da una quota largamente minoritaria (3,6%), all’opposto avverte un miglioramento e una crescita fra i due anni, concentrato fra gli intervistati del Friuli Venezia Giulia (15,6%), dei ceti medio-alti (9,3%) e, soprattutto, alti (35,8%, imprenditori, manager).

A cavallo fra i due anni nei nordestini prevale una pre-visione negativa, di ulteriore degradamento del paese. Al massimo si attendono condizioni “non peggiorative”: un misto di adattamento e disincanto, di cautela e rassegnazione. Pochissimi scorgono una crescita, mentre molti fra i ceti medio-bassi e bassi intravedono una progressiva erosione delle loro opportunità, anziché la possibilità di una mobilità ascendente. Ed è questa polarizzazione nelle condizioni, come certificato dall’Istat e dall’esito del voto referendario, a muovere il malessere. Coesione e sviluppo dovranno essere i due paradigmi del futuro.

Daniele Marini

Nota metodologica

Community Media Research ha realizzato l’Indagine che si è svolta a livello nazionale dal 18 ottobre al 4 novembre 2016 su un campione rappresentativo della popolazione residente in Italia, con età superiore ai 18 anni. Gli aspetti metodologici e la rilevazione sono stati curati dalla società Questlab. I rispondenti totali sono stati 1.486 (su 12.785 contatti). L’analisi dei dati è stata riproporzionata sulla base del genere, del territorio, delle classi d’età, della condizione professionale e del titolo di studio. Il margine di errore è pari a +/-2,5%. La rilevazione è avvenuta con una visual survey attraverso i principali social network e con un campione casuale raggiungibile con i sistemi CAWI e CATI. Documento completo su www.agcom.it e www.communitymediaresearch.it.