Italiani allo specchio


Osservatori - lunedì 31 Luglio, 2017

Gli italiani si guardano allo specchio e l’immagine che riverberano non ha un profilo positivo. Sia chiaro, parliamo di rappresentazioni sociali, con una narrazione che non sempre corrisponde alla realtà. Anzi. Conosciamo bene, anche dagli episodi di cronaca, quanto la popolazione sia capace di gesti di solidarietà, di vicinanza a chi soffre e di costruzione di reti di coesione. Dai cosiddetti “angeli del fango”, alla protezione civile; dalle molteplici espressioni del volontariato in molti ambiti, ai vigili del fuoco; dai più semplici aiuti “dona-1-euro” via sms, alle Organizzazioni Non Governative e alla cooperazione sociale.

L’elenco potrebbe continuare a lungo, ma solo questi esempi raccontano come nel nostro paese sia vivido un capitale sociale che oggi non è ancora conteggiato nel PIL, ma genera una ricchezza (sociale e indirettamente economica) fondamentale per il tessuto collettivo e per la crescita. Ciò non di meno, se gli italiani si riflettono di fronte a uno specchio non sembrano riconoscere simili fattezze. Fanno risaltare, invece, i tratti meno positivi. Come se di una foto vedessero le ombre, i lati scuri, e non i colori che definiscono le figure.

La ricerca di Community Media Research tratteggia in modo evidente questa sorta di dissonanza cognitiva: una polarizzazione fra la realtà e l’immaginario collettivo.Così, nel complesso due sono le caratteristiche prevalenti sottolineate dagli italiani di se stessi: il non essere mai soddisfatti (24,6%) e un interesse prevalente ai soldi più che alla cultura (24,2%). Dunque, un sentimento malmostoso, un “mal-pancismo” perenne attraversa gli animi dei connazionali, da un lato. Dall’altro, la propensione strumentale, un’attenzione più alle dimensioni materiali che a quelle immateriali. Se a questi due caratteri aggiungiamo che la terza caratteristica è l’essere egoisti (17,5%) possiamo tranquillamente affermare che la maggioranza vede nei connazionali tratti negativi.

Più residuali sono altre caratteristiche segnate da valenze positive. La laboriosità è un aspetto riconosciuto complessivamente da un quinto dei rispondenti (lavoratori 17,5%, imprenditori 2,4%). L’altruismo e la solidarietà sono virtù identificate solo dal 5,2%, al pari dell’autonomismo (5,3%). Da buon ultimo, viene la religiosità (3,3%), esito che dice molto sui processi di secolarizzazione che hanno interessato anche il nostro paese. Tale immagine, però, non è omogenea sul territorio nazionale, ma conosce alcune significative differenziazioni che rimarcano alcuni stereotipi tradizionali. L’aspetto della laboriosità è un carattere riconosciuto più nel Nord del paese (Nord Ovest 21,7%; Nord Est 21,1%), meno nel Centro (13,5%) e nel Mezzogiorno (12,8%). Seppure minoritari, l’altruismo e la solidarietà appaiono più presenti nel Nord e nel Centro Italia, piuttosto che nel Mezzogiorno. Dove, invece, prevale un orientamento materialistico e privatistico. Il Nord Est si caratterizza, a sua volta, per uno spirito spiccatamente più autonomista (12,5%) rispetto alla media nazionale (5,3%) e dove l’elemento della religiosità ha ancora un peso relativo (Nord Est 5,6%, Italia 3,3%).

L’immagine degli italiani, dunque, non è omogenea, ma conosce diverse sfumature determinate dal capitale sociale territoriale, dalle tradizioni culturali, dalle opportunità che la società e l’economia locale offrono. Nel complesso, però, si tende a sottolineare più gli aspetti negativi e deteriori, piuttosto di quelli positivi. Questo è un vezzo italico tipico e ha diverse motivazioni. Sicuramente c’è un meccanismo psicologico di sfondo: proiettare sugli altri vizi propri è un modo per liberarsi la coscienza. Certamente, una transizione economica e soprattutto politica (che sembra interminabile) non consente di gettare una luce positiva sul mondo che ci circonda. Così pure, di conseguenza, la scarsa fiducia nelle istituzioni e la disillusione verso la politica nostrana non aiuta a vedere negli altri tratti positivi. Inoltre, la prolungata operazione di destrutturazione operata da privati, attori collettivi e istituzionali (tangenti, corruzioni,…), piuttosto che dai mezzi di comunicazione, non aiuta a costruire un ambiente sociale positivo.

Non da ultimo, viene l’assenza di un progetto del futuro del paese, di una cornice simbolica e valoriale in grado di con-tenere, di tenere assieme, i diversi pezzi di società ed economia verso una direzione condivisa. In mancanza di un’identificazione forte nel proprio paese, risultiamo più diffidenti nei confronti degli altri, ne esaltiamo i caratteri meno positivi. Il risultato di tutto ciò è uno scollamento e una dissociazione fra la realtà e l’immaginario collettivo. Ci dipingiamo peggio di quello che siamo. E poiché le rappresentazioni sociali influiscono sulla realtà più di quanto quest’ultima non faccia nei confronti dell’immaginario, rischiamo di imprigionarci all’interno di un circuito perverso. Se non possediamo un orgoglio nazionale cui appellarci, almeno cerchiamo di costruire una narrazione dell’essere “diversamente italiani”.

La Stampa, 31 luglio 2017

Daniele Marini

Nota metodologica

Community Media Research, in collaborazione con Intesa Sanpaolo per La Stampa, realizza l’Indagine LaST (Laboratorio sulla Società e il Territorio) che si è svolta a livello nazionale dal 6 al 12 aprile 2017 su un campione rappresentativo della popolazione residente in Italia, con età superiore ai 18 anni. Gli aspetti metodologici e la rilevazione sono stati curati dalla società Questlab. I rispondenti totali sono stati 1.655 (su 14.103 contatti). L’analisi dei dati è stata riproporzionata sulla base del genere, del territorio, delle classi d’età, della condizione professionale e del titolo di studio. Il margine di errore è pari a +/-2,4%. La rilevazione è avvenuta con una visual survey attraverso i principali social network e con un campione casuale raggiungibile con i sistemi CAWI e CATI. Documento completo su www.agcom.it e www.communitymediaresearch.it